Uno della folla gli disse: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse – demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!». Ma Dio gli disse: «Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio»
Ogni verità, ogni giustizia, ogni speranza si misurano nella relazione con Dio. Se si prescinde da questa, si capisce che Gesù possa rifiutarsi di giudicare i rapporti tra le persone su questioni economiche. Il giusto e il buono si decidono di fronte al Signore Gesù, presente in mezzo a noi e in ciascuno di noi. L’avidità è condannata, non l’abbondanza, perché a questa aggiunge l’imbroglio e la prepotenza.
Non c’è posto per Dio quando l’anima è abbrancata dall’avidità; le cose diventano un idolo che governa pensieri ed emozioni.
La pena per l’uomo avido è la solitudine e la sua disgrazia sta nel fatto che non arricchisce davanti a Dio, non ha relazione, né vita di comunione. La sciagura del ricco è di morire solo, lontano da Dio e lontano dagli uomini. Cupidigia e avidità sono quindi nemiche dello sviluppo della persona.
Felicità e vita lunga non vengono dalle ricchezze. C’è da fare i conti con l’incognita della morte. Nessuno è padrone della propria vita, neppure del proprio raccolto. Il problema portato dall'uomo della folla è occasione d’insegnamento per tutti. Ciò che divide i fratelli è proprio ciò che dovrebbe unirli: i beni che sono doni di Dio per la condivisione. Questa è la causa di tutte le guerre, di tutte le lotte e di tutte le inimicizie. Dimenticando il Padre, gli uomini litigano per la roba.
I beni condivisi fanno vivere e danno gioia perché arricchiscono le relazioni; invece soffocano quando sono accumulati per paura della morte. L’imbecillità è quando ci si sente soddisfatti di averli e non si è mai provata la gioia di un dono.
La morte arriva e chiede di restituire la vita. Allora vuol dire che l’abbiamo avuta in prestito da Dio. Questo Vangelo ci aiuta non solo a cambiar modo di vedere le cose, ma innanzitutto la nostra vita. Siamo tenuti a restituirla, continuamente, a chi ce l’ha data. Il modo migliore e più gratificante è quello di condividerla con gli uomini e le donne. Facendolo li riconosceremo per quello che sono: fratelli e sorelle.
Osservo e sottolineo gli elementi le parole che mi appaiono più dense di significato, i personaggi, i movimenti, i luoghi, i titoli dati a Gesù… Ne colgo il significato o le difficoltà per noi.
“O uomo, chi mi ha costituito giudice e mediatore sopra di voi?”
Colpisce sempre la prontezza di Gesù di svelare i tranelli più o meno consapevoli della gente. Questa potrebbe sembrare una questione di giustizia... eppure a Gesù non sfugge che, in fondo, si sta cadendo in una concezione riduttiva della vita in cui essa viene commisurata a ciò che si possiede.
Riprendo il testo e cerco di cogliere quale parola il Signore dice a me, al mio cammino di fede, al cammino della Chiesa oggi.
Non è facile divincolarsi dalla tentazione di valutare la vita propria e quella degli altri in base a ciò che si possiede. Non solo in termini di beni materiali, anche in termini di abilità e facoltà umane "nobili" come ad esempio quelle artistiche e intellettuali,...
Ciò che mi ricorda, ancora una volta, il Signore è che ogni uomo è ricco e prezioso semplicemente e smisuratamente in virtù di un dono-eredità ricevuto da Lui: quello di essere Suoi Figli, costituiti a Sua Immagine e quindi fratelli tra noi. Ogni ricchezza umana non riesce a regalare una tale pienezza di vita.
Comincio a rispondere alla Parola che il Signore mi ha rivolto.
Signore, come un Padre Tu desideri per ciascuno dei Tuoi figli una vita piena, ricca di ciò che alimenta una autentica felicità.
Riconosco che, in mezzo alle corse quotidiane, è facile limitarsi a ricercarla e confonderla con i bisogni primari: riposare, nutrirsi e divertirsi.
Ti chiedo la grazia della Tua sapienza per utilizzare la ricchezza di beni umani di cui oggi disponiamo come maggiore opportunità di coltivare una sempre più profonda relazione con Te e i fratelli.
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Mirko (venerdì, 29 luglio 2016)
: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».